lunedì 21 gennaio 2013

Gabriella Monaco e la psicosetta - 2


La violenza sessuale

In questo secondo post dedicato all'audizione in Senato di Gabriella Monaco, portavoce del "Comitato Vittime delle Psico-sette", verrà trattata una vicenda piuttosto delicata: la "violenza sessuale" da lei subita.

Più che indignare, la violenza sessuale è un crimine che fa ribollire il sangue e suscita odio verso i colpevoli. Tanto più se "di gruppo", come nella vicenda narrata dalla Monaco, la cui testimonianza è in effetti un pugno nello stomaco. "Io sono stata aggredita da quattro persone" racconta alla commissione del Senato, "sono stata toccata in tutte le parti, hanno tentato di spogliarmi, urlavo, scalciavo. Sono stata lasciata lì come esempio di fronte a trenta persone che erano sedute intorno a me. Io ero per terra singhiozzante e nessuno mi ha soccorso".

Il suo è un racconto crudo, efficace, e induce uno sbalordito senatore a usare l'espressione "violenza carnale di gruppo", definizione che evoca immagini agghiaccianti.


A rendere, se possibile, l'episodio ancora più tragico, è che tutto questo avvenne:
"davanti a mio marito che non mi ha soccorsa, non mi ha difesa. Quindi per far capire come riescono a scardinare perfino... noi eravamo fidanzati da nove anni, sposati da un anno e mezzo; quindi non è che ci eravamo conosciuti sei mesi prima. Lui aveva conosciuto questo gruppo solo da due mesi, quindi riuscire a separare un affetto così profondo"
La conclusione è amaramente sconsolata ma ineccepibile:
"Qualsiasi uomo di fronte alla propria donna aggredita si sarebbe precipitato"
Contestualizzo brevemente l'episodio. Siamo in un seminario di Arkeon. Si inizia facendo la "condivisione", una sorta di rito dove un partecipante racconta agli altri qualcosa di personale. Arriva il turno della Monaco, e mentre sta raccontando di sé la situazione precipita nei drammatici eventi sopra descritti.

Servendoci della documentazione uscita dal processo tenutosi a Bari, nel post precedente abbiamo visto quale credito dare alle dichiarazioni della Monaco in merito al fatto che il marito l'abbia lasciata "perché gliel’ha detto un guru". È possibile valutare anche questa storia di violenza sessuale alla luce di quelle deposizioni, e il raffronto farà emergere degli aspetti che sorprenderanno.

Come prima cosa va precisato che la deposizione in tribunale dell'ex marito - per quello che può valere - smentisce la ricostruzione fatta dalla Monaco.

Per gli anti-sette più radicali la testimonianza dell'ex marito è senza alcun valore, dato che è un "adepto di una setta" e di conseguenza un "plagiato inattendibile". Tuttavia, anche così è sicuramente interessante sapere (sempre per quello che può valere) che secondo la sua testimonianza gli episodi di abuso sessuale riferiti dalla Monaco in quell'occasione sono sorprendentemente numerosi. Prima di venire aggredita da quattro persone, la Monaco raccontò di avere già subito, a partire dall'infanzia, altri tre abusi sessuali da tre diverse persone. Una quantità che sbalordisce.

I resoconti di altri testimoni sono invece elementi di valutazione decisamente più solidi rispetto alla deposizione dell'ex marito. Resoconti che è la stessa Monaco a menzionare ai senatori a conforto della sua versione: "altri tre testimoni possono confermare invece l’aggressione che io ho subito".

Si tratta di 3 testimoni dell'accusa, indicati dal CeSAP e quindi a sostegno della Monaco. La prima che vediamo è di G. M. S., a cui viene chiesto di spiegare la sua versione dei fatti:
Risposta: Sì, mi ricordo che siccome era la prima volta appunto che partecipava a un seminario, le chiesero una condivisione [...]
Domanda: Condivisione vuol dire esplicitare?
Risposta: Sì, esatto e allora in quel caso il lavoro consisteva nel scendere dal cerchio, in sesan, quindi in ginocchio davanti al cerchio e condividere davanti a tutti il..., no, chiedo scusa sto facendo...
Domanda: Sta facendo mente locale?
Risposta: Sì. Anche perché sinceramente ho partecipato a tantissimi seminari, sto facendo anche un..., son passati anni e faccio un po’ di confusione tra ricordi e persone.
(Avvertenza: i tre puntini non racchiusi tra parentesi quadre, come in "tutto il...", sono conformi alle trascrizioni originali e indicano una frase lasciata in sospeso.)

Qui abbiamo la prina sorpresa. La palese difficoltà del teste a ricordare un fatto così drammatico, è un elemento che suscita perplessità riguardo al resoconto della Monaco. Sono trascorsi otto anni e mezzo [1], ma una "violenza carnale di gruppo" non è un episodio di routine che si accatasta nella memoria tra la moltitudine di eventi di una vita. Se si fatica a rievocarlo, è difficile credere che si sia trattato di un fatto tanto sconvolgente qual è uno stupro. Ripeto: G. M. S. è un teste dell'accusa, indicato al PM da Lorita Tinelli del CeSAP, che quindi dovrebbe essere portato - eventualmente - ad enfatizzare l'accaduto, non certo a sminuirlo.

Continuiamo con la deposizione, nella quale G. M. S. spiega che la Monaco iniziò a fare una condivisione, che consisteva in:
un lavoro sul... a occhi chiusi ed era un lavoro fatto per ricordare un episodio di abuso, ecco quello..., più o meno andò così. In pratica, ad occhi chiusi, poi M. [il "maestro" che conduceva il seminario - ndr] chiese a tre, quattro persone di mettersi anche loro in sesan vicino alla Monaco. Poi sotto istruzione, non so cosa diceva a queste persone, queste persone si avvicinavano per abbracciarla e per..., per far scatenare una specie di... un lavoro che si chiamava... sì, lo dico io poi magari non era esattamente così, ma era un lavoro sull’abuso, sul pedofilo. In quel momento lì poi ebbe una reazione piuttosto forte, violenta, perché si sentiva praticamente oppressa, oppure... infastidita dal... dal sentirsi toccare e so che in quel momento ebbe un... sì, iniziò a rotolarsi e si faceva quasi fatica a tenerla.
Domanda: Una reazione violenta?
Risposta: Una reazione violenta, sì.
Domanda: Senta, la signora Monaco era epilettica?
Risposta: E questa è una cosa che ho detto...
Domanda: Io l’ho appreso da lei a Milano [...] perché lei l’ha dichiarato a Milano [2] Risposta: Sì, sì, io...
In sostanza, il ricordo di questo testimone (che secondo la Monaco confermerebbe la sua versione), è che al termine di quella che viene chiamata condivisione [3], la Monaco si sia sentiva "oppressa, oppure infastidita" e in quel momento "iniziò a rotolarsi", una reazione che il teste interpretò come una crisi epilettica [4].

È poco credibile che la disperata difesa da una violenza carnale di gruppo possa venire interpretata come una crisi epilettica.

Passiamo a un'altra deposizione rilasciata da uno dei "tre testimoni che possono confermare invece l’aggressione" (negata dall'ex marito). È di S. G.:
Risposta: Mi ricordo una mano sullo stomaco, non so se lui diceva qualcosa sullo sperma, queste cose qua, insomma, non lo so. Una cosa del genere.
Domanda: E quindi?
Risposta: Punto. Quindi questo mi ricordo.
Domanda: Lei nel verbale del 16 Novembre 2007 della Digos di Milano dice: "Una ragazza di nome Gabriella è stata messa al centro del cerchio, in quanto il M. le avrebbe fatto rievocare delle sensazioni, perché da piccola qualcuno le avrebbe fatto del male", vado avanti o ricorda?
Risposta: No no, vada avanti. Senz'altro può essere così, perché era la solita storia.
Domanda: "il M. aiutato da un'altra persona, di cui non ricordo il nome, le ha fatto chiudere gli occhi, mettendole una mano..."...?
Risposta: E le ha messo una mano sullo stomaco, okay.
Domanda: "...sullo stomaco, dicendole di respirare", si ricorda ora...?
Risposta: Ora sì, molto meglio, scusi.
Domanda: Ce lo dica lei, ricorda che cosa è successo dopo?
Risposta: No, ricordo che questa ragazza si è sentita male.
Non c'è verso. Il Pubblico Ministero rilegge ciò che 4 anni prima S. G. aveva verbalizzato in veste di persona informata sui fatti, ma come il testimone precedente anche lei ricorda - a fatica - solamente che "si è sentita male". Di violenza sessuale non fa il minimo accenno (così come non ne fece nel 2007).

Rileggendo le deposizioni nel loro insieme, si riesce a ricostruire con soddisfacente approssimazione cosa successe quel giorno. È un sabato pomeriggio e ha inizio il seminario. Si comincia dando spazio a chi vuole fare una "condivisione", procedimento che ha lo scopo di scaricare il dolore contenuto in eventi del passato e che talvolta può portare la persona fino a un pianto liberatorio. Il contagio emotivo fa sì che per empatia l'afflizione si trasmetta agli altri partecipanti. È la prima volta che la Monaco partecipa a un incontro di Arkeon. Si lascia coinvolgere da ciò che ascolta e si propone per fare una sua "condivisione". Racconta di un abuso sessuale subito da piccola. Ripercorrendo quei momenti è visibilmente sempre più turbata e al fine di far emergere completamente il trauma, interviene il maestro, il quale - e qui lascio la parola a S. G. - "iniziò simulando un pene con un dito raccolto in un pugno, sporgente con la punta, a strofinarle le labbra". A questo punto c'è la reazione violenta della Monaco.

Nessuno avrebbe alcuna esitazione nell'indicare dove il "maestro" dovrebbe infilarsi quel dito. La sua appare sicuramente una sgradevole cafonata, ma come ricorda lo stesso Pubblico Ministero durante l'arringa, a volte "le cose normali diventano elefanti", e così quel "metterle una mano sullo stomaco, dicendole di respirare" e quel gesto volgare del maestro con il tempo si trasformano nell'aggressione di quattro persone, che le infilano "le mani tra le gambe e anche altrove", mentre lei urla e scalcia perché "hanno cercato di spogliarmi".

Quella denunciata dalla Monaco è una violenza che nessuno dei testimoni ha visto perché è come la storia del marito che "mi ha lasciato perché gliel’ha detto un guru": esiste solo nella sua mente che l'ha ricostruita a posteriori. Un ricordo deformato dal rancore di una moglie che, "aiutata" da Lorita Tinelli con la competenza che le è propria, non riesce ad accettare l'idea che il marito l'abbia lasciata per un'altra.

Ma tralasciamo i vaghi ricordi rievocati a fatica dai testimoni, e andiamo invece a esaminare degli elementi che escludono definitivamente che durante il seminario si sia consumata una violenza sessuale. Sono elementi che dimostrano che quel giorno nessuno - nemmeno la Monaco - ha interpretato in tal senso un comportamento che è sì un crimine, ma per il buon gusto, non per il codice penale.

Al pari della Monaco anche S. G., la cui testimonianza abbiamo appena visto, era al suo primo contatto con Arkeon [5]. La presunta violenza si sarebbe consumata proprio all'inizio di quel primo seminario. È quindi sicuro che lei (al contrario del marito della Monaco) non era ancora stata "plagiata dalla psicosetta". Se il resoconto della Monaco fosse vero, avremmo una donna che partecipa a un incontro di un gruppo a lei sconosciuto; appena il seminario ha inizio assiste a una violenza sessuale e cosa fa, scappa inorridita? No, prosegue normalmente il seminario. Come tutti gli altri partecipanti.

S. G. continua il seminario e il giorno successivo ritorna per completarlo. E da quella prima volta continuerà a fare altri seminari per oltre due anni. Non è proprio credibile che abbia assistito a una violenza carnale di gruppo.

C'è poi un fatto ancora più eclatante: la stessa Monaco non se ne va. Anzi, quella sera "Uscimmo dal seminario confusi ma allo stesso tempo esaltati", si legge in una testimonianza da lei scritta per il CeSAP in ottobre del 2004. Un entusiasmo che non combina con una donna che è appena stata oggetto di una violenza carnale.

Dopo l'ipotetico stupro, lei e il marito cenano tranquillamente in un ristorante in compagnia di un'amica (la testimone di nozze della Monaco), che li ospita per la notte [6]. E il mattino seguente, anziché rivolgersi all'autorità come ci si aspetterebbe, o quanto meno fuggire traumatizzata dai suoi aguzzini per rifugiarsi nel conforto della propria casa, come Lassie torna nella palestra e continua il seminario.

Non è tutto. La domenica sera fa ritorno con il marito a casa dove, lontano dall'influenza manipolativa della feroce setta e attenuatosi l'eventuale stordimento che un evento tanto drammatico può causare, può rielaborare e valutare con calma l'accaduto. Ma ancora una volta non solo la Monaco non sporge denuncia, ma fa il contrario: tre settimane dopo, insieme al marito che "non mi ha soccorsa e non mi ha difesa" risale al Nord, nel pavese, per partecipare a un secondo incontro con Arkeon. Questa volta è un "intensivo" della durata di sei giorni, dal 2 al 7 gennaio 2003.

In merito a questo nuovo incontro, in tribunale la Monaco rievoca una sua considerazione significativa: "Va bene, male che vada ci facciamo due giorni in un agriturismo. C’è anche il corso, ma sono due giorni di vacanza nel periodo natalizio" [7]. Quel "male che vada" è riferito al "corso", del quale alla Monaco interessa poco (vi partecipa solo per accontentare il marito) e teme (non senza ragione) che sia una rottura di palle. Chi può credere che una donna si riconsegni ai propri carnefici e pensi: male che vada, se il corso sarà una fregatura, farò comunque un po' di vacanza?

È durante questo intensivo che gli eventi precipitano davvero, perché è qui che accade il fatto per la Monaco davvero traumatico: il marito confessa di avere una relazione con un'altra donna di cui è innamorato.

Completato anche questo intensivo, rientrano a casa, dormono in camere separate per una decina di giorni, dopodiché il marito deve assentarsi alcuni giorni per lavoro, un tempo che userà per valutare la situazione e decidere chi scegliere tra la moglie e l'amante. Tornerà dopo una settimana per raccogliere le sue cose.

È solo a questo punto che la Monaco si rivolge alle autorità: "io sono andata alla Digos di Pescara nel 2003, gennaio 2003" (il marito se ne andò il 23 gennaio) racconta alla commissione del Senato. "Andai e raccontai quello che mi era accaduto".

Anche quest'affermazione merita qualche puntualizzazione. Dalla sua esposizione in Senato, che ha colpito i suoi componenti, si ricava l'erronea idea che la Monaco si sia recata in Questura appena subita la violenza sessuale di gruppo [8].

Diversamente dai senatori noi sappiamo che non è così ma, a parte che dopo l'ipotetica violenza carnale la Monaco ha continuato il seminario e poi ha nuovamente partecipato ad un altro incontro di ben sei giorni, va segnalata un'altra incongruità della sua storia: dai documenti processuali pare che questa denuncia alla Digos di gennaio 2003 non esista. Risulta solo un suo verbale di sommarie informazioni testimoniali (s.i.t.) rilasciate il 17 marzo 2006, dopo ben tre anni. Tre anni di frequentazione dell'ambiente anti-sette di Lorita Tinelli, di cui Gabriella Monaco è diventata una delle più fervide seguaci.

Neppure nella s.i.t. del 2006 vi è un accenno di un precedente esposto o denuncia del 2003.

Una conferma dell'inesistenza di questa denuncia la sia ha il 20 gennaio 2006, quando in trasmissione da Maurizio Costanzo le fu chiesto se aveva denunciato quel terribile episodio. Alla domanda la Monaco tergiversa, chiaramente in imbarazzo, e incalzata da un deciso "Ma la sua denuncia c’è?", ripiega su un fumoso "Noi abbiamo consegnato un esposto dove questi fatti sono raccontati e non solo i miei". La Monaco parla di un esposto ma nella realtà si tratta di una sorta di dossier, consistente in alcune e-mail di ex arkeoniani riunitisi attorno al CeSAP [9], che Lorita Tinelli recapitò alla procura di Bari nel 2005, quindi 2 anni dopo l'ipotetica denuncia della Monaco.

Stessa risposta balbettante della Monaco quando durante l'audizione in Senato nel 2012 le viene posta la stessa domanda:
Domanda: Queste cose le ha messe per iscritto alla Digos di Pescara?
Risposta: Queste cose guardi io… siamo anche diventati amici… il problema è che loro mi dicevano… non capivo che cosa dovevo più fare… e francamente ripeto… poi, guarda caso, dopo che io sono andata in televisione è magicamente partita l’indagine.
Ma non è solo la denuncia/esposto della Monaco a mancare. Come rileva giustamente un componente della Commissione, la violenza sessuale è un reato procedibile d'ufficio, e dopo aver ascoltato la Monaco il funzionario di PS aveva l'obbligo di aprire il relativo fascicolo con la notizia di reato. Questa la considerazione del senatore:
non posso rendermi conto di come non si sia intervenuto di fronte a una violenza carnale di gruppo. Non c’è poliziotto in Italia, ma forse al mondo che ignora un fatto di questa gravità. Avranno potuto dubitare, come a volte si fa maldestramente, ma non possono non aver proceduto.
"Non possono non aver proceduto", e invece anche di questo fascicolo non c'è traccia [10].

Tutto sembra indicare che nel 2003 la Monaco non andò in Questura per segnalare un reato così grave qual è una violenza sessuale, e la frase "io sono andata alla Digos di Pescara nel 2003, gennaio 2003" serviva a rendere più coerente la sua storia.

È possibile che dopo qualche tempo la Monaco si sia effettivamente recata in Questura, ma non a denunciare una "violenza sessuale di gruppo", che probabilmente nella sua mente non esisteva ancora. Vi si recò quando si persuase che Arkeon era responsabile del fatto che lei "ci ha rimesso il progetto di vita familiare", come non ha mancato di affermare la Tinelli in una intervista.

Infatti nel verbale del 17 marzo 2006 la Monaco dichiara:
Una volta tornati a casa, pian piano, presi coscienza di quello che mi era accaduto e cercai, invano, di recuperare la fiducia e l'affetto di mio marito che si trasferì al Nord Italia per viver con una allieva del M., indicatagli come sua donna ideale.
Ciò di cui la Monaco ha preso coscienza - e sono già trascorsi 3 anni - ciò che comprende che le "era accaduto", non è la violenza sessuale, ma l'aver perso "l'affetto" del marito (che si era trasferito dal fratello e non dall'amante) a causa della "setta". È lei stessa a spiegare al tribunale come arriva a comprenderlo: dopo essere rimasta sola, la Monaco viene messa in contatto con la Tinelli, la quale ha la bella idea di fomentare una donna abbandonata dal marito, spiegandole "che esistono dei gruppi in cui avviene la manipolazione mentale".

A questo punto è probabile che la giovane e infuriata moglie senza più marito sia andata davvero in Questura a protestare, ma per la sottrazione del consorte "plagiato", perché nella sua mente la "violenza sessuale di gruppo" ancora non esisteva. Senza rendersene conto lo conferma lei stessa in tribunale, quando spiega come maturò la decisione di non partecipare più ad ulteriori seminari:
Io avevo comunicato a mio marito la mia decisione, perché avevo forti dubbi su questo gruppo. [...] Gli avevo chiesto la cortesia di non comunicare questa cosa a M. [il maestro - ndr], perché l’avrei voluto fare io di persona. Lui, nonostante mi avesse dato la sua parola d’onore, l’ha rivelato
Quello della Monaco è il proposito di una persona attenta alla sensibilità altrui. Sa che la sua decisione può essere motivo di rammarico, e per riguardo verso il "Maestro" vuole essere lei a informarlo della decisione di non frequentare più, e raccomanda all'ormai ex marito di non dire niente. Un riguardo che le fa onore, ma com'è possibile che una donna usi questa premura proprio nei confronti del capo di un ipotetico branco di animali che l'hanno usata per una "violenza carnale di gruppo" e poi "singhiozzante" l'hanno "lasciata lì come esempio di fronte a trenta persone"?

È comune avvertire un brivido e "sentirsi strani" quando ci si accorge di aver capito in ritardo qualcosa di evidente. Dopo nove anni, la Monaco e soprattutto la Presidente del CeSAP Lorita Tinelli sono invece ancora convinte che in quel 14 dicembre 2003 si sia consumata una "violenza carnale di gruppo", e che un marito "molto innamorato" abbia lasciato la moglie per ordine di un "guru".

Personalmente ritengo che la Monaco in Questura ci sia andata, perché come le "comari del paesino a cui hanno sottratto l'osso", anche lei ha ricevuto il "consiglio giusto: il furto d'amore sarà punito dall'ordine costituito". E stando alla sua versione, dal questurino un risultato lo ha ottenuto:
"Mi interruppero, mi dissero che avrei dovuto tornare con uno psicologo".
Proprio perché involontaria, è una precisazione così comica che merita di essere il suggello finale di questo post.


Note

1) La deposizione è del giugno 2011, il fatto risale a dicembre 2002.

2) A Milano si è celebrato un altro processo che vedeva imputato un "maestro" di Arkeon per fatti che però erano estranei all'organizzazione fondata da Moccia.

3) Adesso la Monaco nega persino di aver fatto una condivisione:
"Premetto che io durante il rituale del cerchio [la "condivisione" - ndr] non avevo parlato di problemi, tanto meno riconducibile alla sfera sessuale, anzi non avevo parlato affatto" (Verbale di s.i.t. della Questura di Pescara del 17-3-2006)
Stando a questa dichiarazione, la Monaco avrebbe inventato quella che si potrebbe definiere la "condivisione muta".

4) Questo teste non è il solo a rimanere sorpreso e non comprendere bene la reazione della Monaco; l'ex marito descrive quel dimenarsi come "scosse ... tipo break dance."

5) S. G.: "glielo dico perché c'ho l'attestato di partecipazione, è per quello che sono sicura. Il primo è Milano, 15 Dicembre 2002."

6) Il seminario si tenne a Milano mentre la Monaco e il marito abitavano in Abruzzo.

7) Parlando di "due giorni" la Monaco non si è confusa; nel contesto dell'intera frase, quel "due" ha il valore di partitivo: qualche, un po'.

8) Questo il commento di un componente della commissione: "lei è andata via da lì dopo la violenza, quindi" ecc. Quando riprende la parola, la Monaco non corregge questo fondamentale malinteso.

9) Dal verbale di sommarie informazioni rilasciate alla Digos di Pescara il 17/3/2006:
Sapendo della mia esperienza, la dr.ssa Tinelli chiese la mia testimonianza da allegare ad un dossier da presentare alla Procura della Repubblica. Ovviamente accettai senza indugio e collaborai con essa per segnalare altre persone che avevano avuto la mia esperienza.
10) Senza rendersi conto della contraddittorietà delle sue affermazioni, la Monaco stessa aveva espresso lo stesso concetto:
"per esperienza, ho saputo che per violenza sessuale di gruppo, si procede d’ufficio; quindi io non ero tenuta a sporgere denuncia"